mercoledì 23 aprile 2014

PERCHE' LA CASA E' LA NOSTRA ANIMA



A Pasqua mi trovavo al tavolo coi parenti di mio marito, in un ristorante che, per servirci tutto il pranzo, ha iniziato alle 12.30 ed ha finito alle 16. Per non morire di tedio nelle lunghe attese, ho iniziato ad ascoltare una interessante conversazione di mia suocera (ebbene sì, sappiatelo, ogni tanto anche le suocere possono insegnarci qualcosa!).
Parlavamo entrambe delle case della nostra infanzia, e lei mi disse, con certezza, che la casa in cui siamo nati ci rispecchierà fino alla morte. Attenzione, però, non tanto e non solo il tipo di casa, quanto COME NEGLI ANNI ESSA SI TRASFORMA.
Che teoria affascinante, pensavo. Che il primo luogo in cui noi apriamo gli occhi al mondo, il primo pavimento che accoglie i nostri passi, le prime mura in cui eccheggiano i nostri vagiti porti con sè un segreto, un profondo mistero. Che una parte della nostra scintilla venga intrappolata tra le fessure, i mattoni e gli angoli, e lì rimanga per sempre. E per quante case cambieremo in seguito, per quanto gireremo i continenti e diverremo cittadini del mondo, per quanto saremo zingari, inquieti, scomodi gitani senza radici, la nostra prima casa sarà sempre lì, come un utero materno di calce e mattoni, arcate e giardini, pronta a rappresentare la nostra luminosa essenza.
Sembrerà una teoria azzardata, ma l'assunto di base del Feng Shui orientale è proprio questa forte corrispondenza tra l'uomo e la sua abitazione. E come scrisse magnificamente il noto filosofo libanese, più di un secolo fa:

"Prima di costruire dentro le mura cittadine, immaginate una dimora nel deserto.
Poiché come voi rincasate al crepuscolo, così fa il vagabondo che è in voi, sempre lontano e solitario.
La casa è il vostro corpo più grande.
Vive nel sole e si addormenta nella quiete della notte; e non è senza sogni."
(Khalil Gibran)

Così, ho chiuso gli occhi (l'abbuffata pasquale conciliava molto questo tipo di placide riflessioni), e ho ripensato alla casa che ha accolto la mia nascita ed i miei primi anni di vita.
E' una casa immersa nella verde Toscana, tra ulivi e cipressi, scossa dalla fredda tramontana d'inverno, e coccolata da vermigli papaveri d'estate. Io sono stata illuminata dalla luce delle candele, nei miei primi quattro anni di vita. Per una scelta esistenziale, i miei genitori decisero di vivere senza corrente elettrica (poi vi stupite che io sia originale).
Uno dei miei primi ricordi di vita è proprio il mio soffitto di legno, rischiarato dalla tremula e fioca luce delle candele. Forse anche per questo le amo così tanto. E' un pò come tornare a casa.
A cinque anni, per una serie di dolorose vicende familiari, la casa venne messa in vendita e mi trasferii a Torino.
Quello che successe in seguito alla casa, a ben riflettere, mi rappresenta davvero tanto.
La casa della mia infanzia venne acquistata da un signore tedesco, che probabilmente si portava nell'animo tanti fantasmi.
Per prima cosa, fece togliere quasi tutte le finestre, murando la casa e trasformandola in un bunker inespugnabile. E quello divenni anch'io, nella grigia Torino. Chiusa, timida, introversa, senza più la luce del sole di giorno e la luce delle candele di notte.
Passavo giornate intere a leggere, disegnare o fantasticare in solitudine. Avevo ben poche finestre che mi mettessero in contatto col mondo esterno.
Sono tornata a vedere la casa della mia infanzia dopo trent'anni. C'era un enorme aquila imperiale tedesca  in bronzo, affissa sul muro del cancello d'ingresso. Nessuno mi aprì la porta (ma come, non ricordavo quanto è difficile per gli altri accedere a me stessa?).
Testarda come solo un'aquila imperiale sa essere, piantonai la zona fino a che non feci conoscenza con dei gentilissimi vicini di casa, che ancora si ricordavano di me bambina.
Mi spiegarono che il nuovo padrone di casa era molto diffidente, e difficilmente faceva entrare gli estranei a vedere la casa, fossero anche stati i vecchi proprietari dell'immobile.
Eccomi, sono proprio io. Posso sembrarvi affabile, socievole, allegra, ma è davvero difficile per me aprirvi del tutto la mia casa interiore.
Chissà, magari quando saranno passati tanti tanti anni, e sarò anziana e vorrò ritirarmi tranquilla da qualche parte, andrò dal tedesco o da chi sarà in quella casa allora. La acquisterò e rimetterò tutte le finestre.
Farò rifiorire il pergolato, inviterò per una grande festa tutti i vicini di casa, e finalmente potrò coricarmi e chiudere gli occhi sentendo di nuovo la luce nel cuore.













 

2 commenti:

  1. bellissimo post, emozionante. Penso alla casa dì quando ero bambina: l'aria della sera e le canzoni di franco battiato attraverso due grandi balconi, e tanta gente sui divani bianchi. Ogni tanto ci torno, ci vive ancora mia mamma. L'ultima volta, balcone aperto sulla sera, odore di primavera e radio accesa. La brezza mi fa vibrare, è una sensazione fisica, la posso toccare. Per un attimo le persone che non ci sono più sono di nuovo vicine. Grazie Stella per avermi ricordato questa bellissima sensazione.

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    1. Che meraviglia Renata, la casa della tua infanzia è un luogo davvero magico! Come probabilmente lo è anche la tua anima... Un abbraccio.

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