lunedì 23 settembre 2013

CHI RISPONDE DALL'ALTRA PARTE?


 Marco Donatiello Photographer

Un giorno di tanti anni fa ero seduta in un ufficio, davanti a me un uomo che da tempo gestiva gli investimenti di famiglia. Lui sapeva esattamente il mio lavoro, io sapevo di lui che si interessicchiava di esoterismo. La sua domanda, nondimeno, mi spiazzò. E' una domanda che raramente mi fanno anche le clienti più abituali, quindi sentirmela rivolgere da un uomo razionale, abituato a maneggiare assegni e ad osservare il mercato azionario, mi spiazzò.
Mi guardò dritto negli occhi e mi chiese, con semplicità: "Ma chi è che risponde dall'altra parte, quando fai le carte?"
Io gli sorrisi e con altrettanta semplicità gli risposi: "Non lo so."
Così, al posto di parlare di fondi e investimenti, trascorsi una buona mezz'ora, in quell'ufficio asettico come un ospedale, a enumerare le numerose ipotesi.
Io non so perchè funzioni, scegliere alcune carte e da lì tracciare le linee del prossimo futuro. Con me, funziona. Posso pensare che, dall'altra parte, una luminosa entità angelica guidi la mia mano e i miei pensieri. Posso pensare che sia un antenato di famiglia, seduto di fianco a me a sussurrarmi l'avvenire. Mio padre, che ha visitato più luoghi di mare di quanti io ne vedrò mai, era un bravo chiromante. Dopo aver predetto la morte di un suo amico, poi puntualmente verificatasi, decise di non leggere mai più la mano, a nessuno.
Quindi, posso pensare che il suo sangue scorra nelle mie vene, quando sollevo le carte e le interpreto.
Oppure, posso pensare che questa sia solo una remota, nascosta capacità assopita nel mio cervello, nell'area del terzo occhio, e che io la stia sfruttando solo un pò di più degli altri.
Non so come funzioni, in effetti. Una cosa di cui sono sicura, però, è che non provenga dal Maligno, dall'Oscuro, dal Diavolo della tradizione cristiana.
Perchè quando prendo le carte e le interpreto, cerco di fare qualcosa di buono. Di avvisare su eventuali problemi e pericoli, di consigliare strategie e scappatoie per rendere il futuro un luogo più piacevole.
Quindi, non so chi risponde dall'altra parte. Chiunque sia, però, spero che continui a rispondere ancora per molto, molto tempo.

martedì 17 settembre 2013

UN GUARITORE D'ANIME

A volte le persone ritornano.
Magari hanno attraversato, come brevi meteore, veloci attimi del nostro passato, e poi sono state nuovamente inghiottite dal fiume dell'Essere.
Oggi voglio parlarvi di una persona, un uomo, vestito di arancione. Un Sannyasin, ovvero "un asceta errante che ha rinunciato a tutto". Ha uno sguardo molto particolare quest'uomo, quando ti osserva è come se realmente riuscisse a trascendere il velo della materia, e ad osservare le cose per come sono davvero. Ha due penetranti occhi azzurri, immobili come due pietre incastonate in un tempio, dove gli eoni trascorrono senza lasciare segno.
La prima volta che lo vidi stava per lasciare la città. Aveva fardelli pesanti di cui doveva liberarsi in fretta, per viaggiare leggero. Io e mio marito entrammo nella sua casa, che sapeva di vissuto ed era tappezzata di magnifiche statue indiane, per acquistargliele. Lo statua dello Shiva danzante, sorridente, col sole dietro le spalle sembrava incoraggiare la sua imminente partenza. Non sapevo dove sarebbe andato, cosa sarebbe stato della sua vita, percepivo solo che quel luogo non sarebbe più stato suo.
Rividi poi quell'uomo qualche anno dopo. E' l'immagine più bella che ho di lui.
Era un tiepido pomeriggio di mezza stagione, io e mio marito avevamo deciso di fare una lunga passeggiata costeggiando il fiume. L'acqua era tappezzata di riflessi, inondava di luce piena ogni cosa. Lì lo riincontrai. Era in compagnia della sua bellissima figlia. Lei sembrava una ragazza indiana. Aveva una lunga e scura treccia, gli occhi ampi e profondi, poco più di dieci anni.  Lui in quel momento era l'uomo più felice sulla faccia della terra.
L'ho rivisto una terza volta (o magari era la decima, ed io non ricordo....A volte le persone ruotano attorno alla mia vita così in fretta che non sempre ricordo ogni incontro). Era appena entrato in negozio, voleva acquistare qualche libro.  Poco tempo prima avevo scoperto di avere una intolleranza alimentare, e di lui sapevo che, tra le altre cose,  era un valido naturopata ayurvedico, con esperienza ventennale, formatosi con la scuola del famoso Bagawan Dash. Iniziai a tempestarlo di domande, e mi stupì perchè riuscì a dirmi cose importanti su di me, che non poteva conoscere.
Con una breve occhiata seppe dirmi a quale coppia di elementi, o dosha, della medicina tradizionale indiana, io appartenessi. Mi disse delle cose sul mio carattere e sul mio stile di vita che non poteva conoscere. Io ho sempre freddo ad esempio, fosse per me girerei con un plaid per casa anche in pieno agosto. Come poteva saperlo? Mi ha dato diecimila altri validissimi consigli, su tutto, soprattutto sulla mia alimentazione. (Voi mi vedete magra come un chiodo, ma mangio, vi assicuro che adoro mangiare! Lo sa mio marito quando chiede il conto al ristorante...)
Ora, voglio condividere questa persona con voi. Lo ruberemo per un giorno alla città di mare dove lui ora vive e lavora insieme alla sua compagna, una bella donna dai ricci scuri come intricati labirinti dell'anima.
Vi aspetto domenica prossima, in negozio. Non perdetevelo.


giovedì 12 settembre 2013

COSA PENSANO I VICINI



Siamo gente strana. Io lo so, voi lo sapete.
Lavori come il nostro creano comportamenti strani.
Sapete, ad esempio, che sul mio balcone crescono mandragore.
A volte cerco di mettermi nei panni dei miei vicini di casa, e mi rendo conto che possono avere tanti difetti, ma sono anche molto tolleranti.
Come quella volta, cinque o sei anni fa, che mio marito aveva comprato un grosso carico di Assa Foetida.
Esatto, si chiama proprio così, e vi assicuro che il nome è molto esplicativo del prodotto. E' una sorta di resina viscosa e puzzolentissima, ricavata da una insospettabile pianta di cui potete ammirare l'immagine.



Si utilizza, in magia, per rituali di Saturno (nessun altro Dio potrebbe tollerare quel fetore, suppongo). In alcuni lontani paesi viene pure utilizzata per insaporire le pietanze, una sorta di Dado Knorr in versione letale.
Insomma, mio marito doveva porzionare questa Assa Foetida. Ovviamente non poteva farlo in negozio, lo avrebbe reso inagibile dalla puzza per il decennio successivo. Giustamente, mio marito ebbe la gloriosa idea di portare la tremenda Assa Foetida a casa, per tagliarla e porzionarla sul tavolo di cucina. Ancora più giustamente, decisi di mettere fuori porta sia mio marito sia l'Assa Foetida.
A quel punto, i vicini assistettero ad una scena curiosa. Sui gradini d'ingresso a casa, davanti all'interno cortile, il povero negoziante della libreria Esotericamente aveva posto un panno per terra e stava cercando di porzionare qualcosa di atrocemente puzzolente. Strano che i miei vicini di casa non abbiano chiamato la Narcotici o sospettato che trafficassimo in armi chimiche.
Un'altra cosa che temo abbia fatto riflettere a lungo i miei vicini sono le litanie Voodoo. Dovete sapere che svolgo i miei rituali Voodoo in una piccola stanza, da cui, oltre il muro, partono le scale d'ingresso di un'altra abitazione e della cantina. Inoltre, dovete sapere che, quando svolgo un rituale Voodoo, non biascico le invocazioni a bassa voce, al contrario invoco, orgogliosa, i Loah con un tono squillante e fermo.
Ecco, immaginate il mio vicino di casa, che torna a casa a mezzanotte, magari dopo aver visto al cinema "L'Evocazione" (qualcuno di voi l'ha già visto? Com'è? Io voglio andare a vederlo tra poco...). Dicevo, torna a casa a mezzanotte e, mentre scende le scale per andare in cantina (metti che abbia sentito degli strani rumori nel sottoscala) sente una voce che grida:

PAR POUVOIR SOBO QUE – SOU – NEGRE ANANMAN VOODOO, NEGRE LAH – YE’ TINGUI’, NEGRE BADE’ – SIH!!!

(Stralcio di invocazione di Sogbo e Badè, la trovate comodamente nel mio secondo libro pubblicato, "Voodoo e Candomblè", Aradia edizioni).
Inoltre, non vi ho ancora parlato del Gatto Infernale. Ho un gatto simile, ebbene sì. Tutto nero, occhi di brace viva, ha degli hobby particolari: sgattaiolare fuori da ogni stanza in cui lo si rinchiuda, uscire in cortile, miagolare selvaggiamente, soprattutto dalla mezzanotte in poi.
Insomma, a volte credo che, tutto sommato, i miei vicini siano dei santi.


martedì 10 settembre 2013

LA MANDRAGORA




Le persone normali, sui davanzali sfoggiano gerani. Begonie, ficus, potus.
Tutto un fiore e un profumo, una gioia alla vista. Sul nostro balcone, giustamente, per non farci mancare niente ed essere sempre un passo avanti, cresce la Mandragora. In grossi vasi profondi, pieni di terra scura, la radice magica dalle umane sembianze si nutre per aprire al sole grandi foglie verdi.
La Mandragora è la Signora, regina e assoluta protagonista, della magia delle radici. Questo culto ha origini antiche: si pensava che le radici con proprietà magiche si trovassero nei luoghi dove si seppellivano i morti, o dove era rappresentato il mondo sotterraneo, e che fossero mediatrici tra la vita e la morte.
Fin dall’antichità, si riteneva che la Mandragora avesse poteri miracolosi. L’impiego magico era diffuso soprattutto nel Medioevo, forse a seguito delle conoscenze che i Crociati portarono in Europa al ritorno dalla Terra Santa. Il fatto che la radice avesse forma umana dimostrava di per sé le sue innumerevoli proprietà, soprattutto magiche.
Gli Assiri impiegavano il fumo della radice bruciata come esorcismo, soffiandolo sul corpo della persona da guarire, per cacciare il male. Un uso simile si riscontra tuttora in Armenia, dove si brucia la radice per allontanare gli spiriti malvagi.
Fin dai tempi biblici, in Israele la radice della Mandragora era nota come amuleto per rendere fertili. Flavio Giuseppe (ca 37 - 102 d.C.), nel De bello judaico, riporta un uso magico della Mandragora, probabilmente derivati dagli Esseni, presso cui visse un periodo:
“Nonostante tanti pericoli, questa pianta è molto ricercata per una qualità unica: solamente avvicinandola espelle subito dagli infermi i cosiddetti demoni, cioè, gli spiriti degli uomini malvagi che si introducono nei vivi e li uccidono, se non li si aiuta”.
Si riporta, inoltre, che Alessandro Magno conquistò l’Oriente grazie al potere magico della Mandragora.
Fin dall’antica Grecia, la radice della Mandragora era considerata come un essere in forma umana e lo stesso Pitagora (570 - 504 a.C.) la denominava anthropomorphon, cioè “a forma di uomo”. Proprio nell’antica Grecia, la Mandragora, soprattutto la radice, era ritenuta la pianta per eccellenza di Ecate. Il cane era l’animale da dedicare a Ecate durante la raccolta della radice, per esempio a Eleusi, Argo ed Egina.
Nel suo giardino magico “crescevano abbondantemente le mandragore”, come riportato nelle Argonautiche Orfiche (II secolo d.C.), e si può supporre che il potere di Ecate fosse esercitato proprio attraverso le proprietà della pianta. Non solo, secondo C. Müller-Ebeling e C. Rätsch, probabilmente Ecate stessa poteva essere evocata attraverso l’uso della Mandragora.
La Mandragora era anche la pianta di Circe e Medea.  A causa dell’associazione con Ecate e Circe, la radice di umane sembianze divenne una pianta demoniaca e infernale fin dal primo Cristianesimo.
La Mandragora è ancora attualmente utilizzata nella odierna magia naturale, è prezioso l'olio che da lei si ricava. La radice stessa, a livello ritualistico, è anche un ottimo sostituto della dagida,  la creatura di cera di forma umana.
Alcune credenze vogliono che la Mandragora debba essere nutrita con latte e sangue. La nostra, fortunatamente, cresce rigogliosa pur con semplice acqua, anche se non intendo indagare eccessivamente sulle cure che vi presta mio marito.
Per chi volesse cimentarsi, non è troppo difficile da far venire su. Conviene piantare però molti semi. Adora il sole e il caldo; d'inverno, ama stare sopra un davanzale vicino al termosifone. Più le si parla, più cresce rigogliosa e resistente.
Adotta anche tu una Mandragora. Semi, foglie, radici, piantine e olii in esclusiva presso Esotericamente.

lunedì 9 settembre 2013

QUANDO HO SONNO


Marco Donatiello Photographer

Stanotte ho dormito cinque ore, se va bene. E' un periodo che durante la notte si prepara l'Harmageddon. Vicini che fanno rumore, bimbi che si svegliano nel cuore della notte, il mio famiglio, ovvero il mio gatto nero, che inquieto entra ed esce da porte e finestre. Dovevo chiamarlo Arsenio, Arsenio Lupin, e addestrarlo ad entrare nelle gioiellerie del centro e consegnarmi la refurtiva.
Insomma, stanotte è una delle ennesime notti passate in bianco.
Quando non dormo di notte, il giorno dopo mi trascino come un fantasma da una stanza all'altra, da un lavoro all'altro, con la palpebra abbassata e la voce calata di un tono.
Entro in negozio per fare consulti come una presenza spettrale richiamata da una evocazione.
Curiosamente, quando dormo poco faccio meglio le carte. Sarà perchè mi ritrovo in quella linea di confine tra la veglia e le immagini oniriche, al confine tra razionalità e inconscio.
Tutto appare più fluido, veloce. La mia mente razionale è troppo stanca per opporre una difesa alle immagini ed alle sensazioni che un consulto di carte sprigiona.
Così, mi lascio andare e seguo anch'io la corrente. Poi, magari, ricordo poco o niente di quanto ho detto, come i ricordi di un sogno, che man mano che passa il tempo si affievoliscono fino a scomparire.
Quando ho così sonno, non riesco però a scrivere, a concentrarmi sul prossimo libro che intendo pubblicare. Non riesco a trovare le parole, non riesco a tradurre i miei pensieri.
E non esiste the, caffè, bevanda alcuna che sortisca effetto.
Mi aggiro come un'anima in pena al bar, e dopo l'ennesimo cappuccino vorrei dormire più di prima.
Tanto lo so che avete sonno anche voi. E' la sindrome del lunedì mattina. Ma ce la possiamo fare, coraggio...

venerdì 6 settembre 2013

RIVELAZIONI

E' un classico estivo. Sono in spiaggia, bimbi giocano con altri bimbi, i genitori, dopo un pò, si presentano l'un l'altro. Timidamente, goffamente, continuamente interrotti dal dover gridare: "Giulia, non si affoga il bimbo piccolo", "Leo, non si tira la sabbia in bocca a quella signora", e altre amenità.
Così, si cominciano le domande di routine. "Quanti anni ha il tuo bimbo?" è la prima, classica domanda tra coppie di genitori in spiaggia. "Di dove siete?" è la seconda. La terza, immancabile domanda è: "Che lavoro fate?".
Ricordo al mondo che mio marito è il titolare di una libreria esoterica, e io sono un pò un jolly tuttofare. Sono una scrittrice (ovviamente esoterica), una cartomante, una psicologa, una coach, una maga, nonchè l'insegnante di svariati corsi di discipline esoteriche e una organizzatrice di eventi. Così, davanti a questa semplice domanda, mi gratto la testa e penso. Ok, quale delle tante cose inizio a dire? Solitamente, la mia formula di rito è: "Do' una mano in negozio a mio marito". Così, i miei vicini di ombrellone mi immaginano subito alle prese col mocio dei pavimenti e gli scontrini di cassa, si acquietano e finisce lì.
Ogni tanto però faccio l'errore di volermi confidare. Echeccacchio, penso, conosco sta tizia in spiaggia da quasi un mese, so persino di che colore e volume fà la cacchina sua figlia, e non posso dirle che lavoro faccio? Così, timidamente, mi sbottono.
I casi sono due, diametralmente opposti. O la persona mi fà un ampio sorriso, e ammiccando ammette di essere incuriosita da questo mondo dell'occulto (e magari ci guadagno pure una cliente); oppure al contrario si ritrae di un passo, allontanando anche la figlia/o da me e guardandomi come se fossi Carrie, lo sguardo di Satana.


Anzi, no, nella spiaggia ligure dell'anno scorso una psicologa con cui avevo parlato di tutto, dall'oggetto transizionale di Winnicott all'impulso distruttivo di Melania Klein, appena saputo come applicavo quotidianamente la mia laurea ha iniziato pubblicamente ad equipararmi a Vanna Marchi. Dopo poche ore, era lì ad additarmi con il suo amico, il bagnino dello stabile, lanciandomi lunghe occhiate inquisitorie.
A volte credo che l'Inquisizione non sia ancora terminata. Non su tutte le spiagge liguri almeno.
Voi, che mi leggete in questo blog e che varcate la soglia del negozio, voi che cercate un mio parere o un consiglio fate già, in un modo o nell'altro, parte del mondo dell'occulto. O almeno, avete acquisito una tale apertura mentale da riflettere prima di giudicare.
Nella mia vita di tutti i giorni, le cose sono un pò più complicate di così. Ma va bene lo stesso. E' il mio lavoro, e lo adoro, da sempre. Questo è solo un dettaglio. Ora vi devo lasciare, devo passare il mocio in negozio...

giovedì 5 settembre 2013

VISTA DALL'ALTO


Marco Donatiello Photographer

E' una strana sensazione. Mistica, intensa, rara.
Voi siete lì, completamente immersi nella vostra vita. Fate i conti con le bollette, le scadenze, lo stipendio. Forse state sommando gli scontrini conservati per capire quanto avete speso questo mese, forse vi state chiedendo come riuscire a guadagnare qualcosina in più.
Oppure, siete immersi a riflettere sui rapporti che avete con qualcuno. Magari avete appena finito di parlare con un'amica, e state mentalmente analizzando la vostra situazione affettiva. Oppure, avete una famiglia che vi chiede impegni precisi, e li state spuntando tutti come una lista della spesa.
Magari avete uno stato d'animo inquieto. A me, questa cosa capita sempre quando sono inquieta. Qualcosa vi arrovella e non riuscite a smettere di pensarci. Magari è una frase detta fuori posto, da voi o da qualcuno che vi circonda, che vi martella nelle tempie. Oppure è successo qualcosa di brutto, di potenzialmente tragico, e non sapete come sfangarvela.
E poi, accade questa cosa. Mistica, intensa, rara.
E' come se un Angelo vi afferrasse sotto le sue ali e vi portasse in alto, sempre più in alto, sopra le nuvole, luminose o cariche di tempesta, dei vostri pensieri. 
Vedete tutto dall'alto. Tutto vi sembra improvvisamente lontano, distante, piccolo.
Come quando guardate dall'oblò di un aereo. Le persone sono minuscole, ogni tanto qualche macchina percorre una strada. Campi arati, fiumi dorati, montagne ricamate di neve, il mare. Tutto è così immenso e perfetto.
E in quell'attimo capite.
Quando capita a me, è come se improvvisamente mi ricordassi di essere all'interno di un gioco. Guadagnare soldi, spenderli per vivere, incontrare persone, risolvere problemi e situazioni ingarbugliate.
Mi sembra tutto uno splendido e semplice gioco.  Torno a sentirmi leggera. C'è un termine, che ho scoperto da poco e secondo me rende l'idea.
Nell' Induismo, l'intera realtà viene vista come il risultato di un gioco creativo dell'assoluto Divino. Viene chiamato, semplicemente, "Lila", il Gioco Divino.
Noi siamo i Giocatori di questa strana ed eterna partita, in cui non si vince e non si perde, ma si impara e si cresce.
E' bello che, ogni tanto, in uno sprazzo di lucidità, si riesca a vedere tutto dall'alto, con distacco e serenità.
Dura poco questa sensazione, almeno per me. Dura però il tempo necessario per tornare nella mia vita, nei miei vestiti, nel mio corpo, con la consapevolezza di stare ancora giocando, come una bambina che deve ritrovare la strada di casa.


mercoledì 4 settembre 2013

IL RIENTRO



Eccoci, ai nostri posti. Ormai siamo tornati tutti a casa, le vacanze sono terminate.
Come è stato il vostro rientro a casa? C'erano morbidi cuscini di un letto familiare ad attendervi, o la casa era a soqquadro e tutto da reinventare da capo?
Sulle vostre vacanze non sto ad indagare. Le vacanze sono sempre belle. Lasciano quella traccia fievole di nostalgia, come un leggero sbaffo di mascara sugli occhi, che non se ne vuole andare.
Io personalmente appartengo a quella razza nominata "gli Irriducibili da spiaggia". Col sole, col vento, con la pioggia, con la foschia, con il mal di pancia, insomma, mi trovavate sempre lì in spiaggia. L'unica Irriducibile come me, ed infatti avevamo fatto subito amicizia, era una iper attiva settantenne con capello platinato e abbronzatura perenne. (Ecco, è un mistero come io, in quanto Irriducibile, rimanga bianca come un latticino anche dopo un mese di mare). Un giorno, in cui si temeva una tromba marina e avevano dovuto chiudere gli ombrelloni altrimenti volavano via come fuscelli, io e la settantenne ci siamo ritrovate come uniche superstiti su quella spiaggia desolata, decise e imperterrite a sdraiarci sul bagnasciuga.. L'anno prossimo devo ricordarmi di chiederle come si chiama.
Comunque, sappiatelo, quando avete a che fare con una Irriducibile è davvero un'impresa farla tornare a casa. Si attacca con le unghie agli scogli, si ancora alla sabbia con le palette abbandonate dai bimbi, ripete in continuazione "Mezz'ora. Solo mezz'ora, giuro, poi andiamo".
Così, si riduce a fare le valigie in dieci minuti, per non sacrificare neanche un meraviglioso istante al mare.
Tutto il viaggio di ritorno è una immancabile lamentela del tipo: "Uffa, ma io volevo restare ancora un pò... Guarda che meraviglia!".
Il rientro a casa di una Irriducibile da spiaggia è funesto. Il cielo è sempre plumbeo, l'aria della città irrespirabile, le strade sporche. Non perchè lo siano davvero, ma una Irriducibile vedrà tutto grigio perchè indossa gli occhiali grigi della nostalgia.
Dopo due o tre giorni, gradualmente, il rientro a casa risulterà meno ostile. I luoghi torneranno ad avere profili morbidi e dolci, abituali e sereni. Tre giorni, ho detto, tre giorni. Prima di quella data non nominatemi la parola "mare" o "vacanza" perchè potrei mordervi. E scrivere il seguito del mio ultimo libro pubblicato, "Vampiri".