mercoledì 17 luglio 2013

KARMA YOGA


Marco Donatiello Photographer


Qualche tempo fa ne parlavo, nel post "Il ritorno delle anime". Perchè io credo fermamente nella reincarnazione. Credo nella legge del Karma, credo in un ritorno delle anime ad una dimora terrena, dopo aver oltrepassato il fiume dell’oblio e aver deciso di tornare indietro, su questa brutale e scura terra.
Praticamente tutte le religioni credono nella reincarnazione. Compreso il Cristianesimo, prima del concilio di Nicea.

C'è una branca dello Yoga che mi appassiona molto, e che conosco ancora poco: Il Karma Yoga.  E' una Via che non prevede posture yogiche, asana o quant'altro. Richiede un atteggiamento interiore.

La Bhagavad Gita, il più autorevole testo sacro indiano, riporta:
« L'uomo che ha realizzato la sua identità spirituale non ha interessi personali nell'adempiere i doveri prescritti né ha motivo di non compiere tali doveri. Egli non dipende da alcuno per nessuna cosa. Si devono dunque compiere il proprio lavoro e le proprie azioni per dovere, senza attaccamento ai frutti dell'azione, perché agendo senza attaccamento si raggiunge il Supremo. »
Il Karma Yogi, ovvero colui che pratica questa disciplina, agisce senza attaccamento né avversione per l'azione che sta compiendo, senza alcun desiderio per i frutti dell'azione. Tuttavia, questo non significa accettare e subire passivamente qualsiasi evento o costrizione la vita stia imponendo; il Karma Yogi è colui che ha la saggezza e la capacità di sapersi liberare in modo armonico da ogni situazione che, vivendola in qualsiasi altro modo, rischierebbe di alterare il proprio equilibrio. Così, egli non si oppone ai doveri che la vita quotidianamente gli impone, ma li riconosce ed accetta con gioia; in questo modo non soltanto scioglie i legami karmici e reincarnativi che lo legano al mondo fenomenico illusorio, ma rinforza la propria unione mistica con Dio ed il Cosmo; un po' come la minuscola tessera di un infinito mosaico che, aderendo al proprio ruolo (il contorno, la forma che gli è propria), trova la sua posizione, perdendo la propria identità di "tessera" e divenendo così il mosaico stesso.
L'uomo aderisce con gioia e distacco sia al Dharma universale, sia al suo Dharma specifico. Il Dharma è la somma dei propri obblighi "naturali", sociali, è il nostro lavoro su questa terra insomma. Pur rimanendo ancora legato al mondo materiale, in questo modo l'uomo sperimenta già la liberazione da tutto ciò che è mutevole, transitorio, effimero e relativo; ed ogni istante, ogni frangente della sua vita, diviene per lui un profondo atto di meditazione, un sacro momento di congiungimento a Dio e alla Realtà Cosmica.

Tutto ciò è bellissimo, stupendo, elevato, ma che me ne faccio? - Direte voi.
Immagino che vivere il Karma Yoga significhi, semplicemente, vivere con gioia e allegria ogni compito che la vita ci mette davanti. 
Buttare l'immondizia, lavorare in ufficio, andare in vacanza con la suocera possono diventare anche eventi gradevoli. Noi possiamo, per un attimo, guardare le cose dall'alto, con distacco, come se fossimo gli attori, i teatranti di quella pazza recita chiamata vita. Scostare il velo di Maya, della materia più densa . E poi rimetterlo a posto, come una tenda scura che ha il compito di preservare i nostri occhi da una luce accecante. Quindi, possiamo rituffarci nella materia, nella quotidianità, nel destino che tanto tempo fà abbiamo scelto per noi, per progredire, per evolvere. E se quel destino proprio ci stà stretto, possiamo sempre tentare di cambiarlo, con armonia, saggezza e distacco. 
Noi siamo quì per sporcarci le mani. Per lavorare, per agire. E per risolvere, agendo, i nostri nodi karmici, e arrivare, finalmente, alla fine di ogni cosa. Niente più morte, nè dolore, nè karma.

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