mercoledì 16 gennaio 2019

L'APPARENZA INGANNA


Guardate questa statua.
Stavo scorrazzando liberamente col mio pargolo durante una visita guidata al MAO (Museo di Arte Orientale) di Torino, quando ci siamo imbattuti in questa statua, realizzata in Cina durante il periodo Han (200 a.C.).
Cosa vi sembra? Un demone, un mostro, un contadino posseduto da Satana.
Invece la guida, mia amica, mi ha fatto notare una cosa curiosa. Quella statua raffigura un esorcista.
Così ho pensato due cose.
La prima, che spesso prendiamo l'aspetto di ciò che combattiamo, soprattutto se in questa lotta abbiamo rischiato di perdere noi stessi.
La seconda, che l'apparenza inganna. E un povero diavolo che cerca di aiutare la gente, magari utilizzando la magia e la divinazione, viene automaticamente etichettato come un pericoloso satanista, soprattutto in questa nostra Italia ancora così provinciale.
Poi è vero anche il contrario, e abbiamo fior di guru e santoni implicati in casi di circonvenzione di incapace, abuso sessuale e pedofilia. Giusto ieri ne parlavo in una intervista in radio, dell'importanza di riconoscere e seguire la propria luce interiore, più di quella di maestri /guru / santoni vari.
Quando studiavo psicologia il mio professore preferito, Bruno Bara, ci ripeteva sempre che l'abito FA il monaco. Il modo in cui noi ci vestiamo, come ci poniamo agli altri, sono messaggi potenti che rivelano la nostra interiorità.
Oppure, credo io, che rivelano ciò che NOI vogliamo mostrare.
Comunque, per non sbagliare, alle sue lezioni e ai suoi esami eravamo tutte curatissime, e ancora adesso non saprei dire se il mio ultimo trenta e lode con lui non sia stato anche merito della mia messa in piega e della camicetta bianca.
In tanti anni a contatto con la gente ho scoperto una cosa. Chi veste di nero, si ricopre di tatuaggi o piercing, studia esoterismo, appare schivo e ombroso, o rozzo e irriverente, spesso è molto meno pericoloso di alcuni individui dall'apparenza normale, coi loro golfini in cachemire e i toni pastello.
Guardavo questa statua divisa da me dalla teca di vetro.
Quante volte mi sono sentita come lei. Per dieci persone per cui ho fatto del bene, ce n'era sempre una ad additarmi come un mostro. Che non capiva, che non conosceva il mio mondo, e per ignoranza parlava.
Ora ho imparato a fregarmene, anzi ci rido e ci scherzo sopra.
Siamo il popolo dei diversi, degli originali, dei sensibili, di quelli che agiscono con la Luna e vivono in un mondo ombroso, governato da leggi proprie.
Anche a noi però piace stare al sole, ogni tanto, e fare amicizia con gli abitanti del giorno.
Scoprendo così, tutti insieme, che la normalità non esiste, e che ognuno è fatto sia di Luce che di Ombra.

venerdì 4 maggio 2018

IL PECCATO



Ultimamente faccio parte di un gruppo whatsapp spassosissimo. Quasi ogni giorno mi ritrovo piegata in due dalle risate grazie a qualche battuta scema. E ne ho estremo bisogno, col mio lavoro entro a contatto col dolore vivo, le ferite aperte di tanti di voi. Se non trovassi qualcosa di estremamente stupido e leggero nella mia quotidianità, probabilmente affonderei nella palude dell'eterna tristezza, come il cavallo di Atreiu (il primo trauma infantile cinematografico di quelli della mia età).

Comunque, oltre ad elogiare le inaspettate gioie dei gruppi whatsapp (tralasciamo invece quello delle mamme della classe, chi di voi ha un figlio conosce bene questo girone infernale), qualche tempo fa mi sono trovata in tale gruppo ilare a parlare di un tema serissimo: il peccato.

Ho così scoperto visioni diametralmente opposte.  Come quelle delle persone che varcano la soglia del mio studio.

Da quanto tempo non ti confessi in Chiesa? Cosa è secondo te fonte di peccato?



Una corposa percentuale di esoteristi aderisce alla massima crowleiana "fà ciò che vuoi, sarà la tua legge". Anche definita la Legge di Thelema, essa non giustifica ogni capriccio, ma riconosce il diritto per chiunque di evidenziare la propria unicità, di distinguersi dagli altri nel pieno rispetto della libera volontà di ciascuno, favorendo una equilibrata corrispondenza e continuità tra i propri princìpi interiori e le proprie azioni esteriori. La “vera volontà” è intesa come la matrice individuale, l’invisibile principio di distinzione che rende ciascuno ciò che è, potenzialmente differente da ogni altro, tutti uguali in partenza e tutti diversi nello sviluppo. Che ognuno scopra, si accordi e realizzi questa unicità, che è il modo di incarnare visibilmente la libertà, come ogni stella segue la propria orbita nello spazio in cui danza.

 Una altrettanto corposa percentuale di esoteristi si sente più affine alla visione del Dharma e del Karma. Il karma indica il generico agire volto a un fine, inteso come attivazione del principio di "causa-effetto", quella legge che coinvolge gli esseri senzienti nella fruizione delle conseguenze morali che derivano dalle proprie azioni, vincolandoli così al samsara, il ciclo delle rinascite. Ogni azione porta un frutto, buono, cattivo o neutro, immediato o dilazionato nel tempo, in una sequenza illimitata di esistenze.

Siamo lontani dai Dieci Comandamenti che ci hanno insegnato a catechismo. Circondati da razionali epicurei, che percepiscono gli dèi come indifferenti alle umane vicende e vivono alla costante ricerca del piacere, affrontare il tema del peccato sembra quasi anacronistico, fuori moda.
Come sei retrò, Stella, ancora a tormentarti con questa idea del peccato.
Il fatto è che quotidianamente interagisco con ragazze, donne e uomini sopraffatti, prostrati, schiacciati dal senso di colpa, dalla sensazione di essersi macchiati, contaminati da immensi peccati che li spediranno in qualche girone infernale (non quello del gruppo whatsapp delle mamme della classe, mi auguro) o che, per legge karmica, gli renderanno la vita una merda per i 50 anni a venire.
A parte una donna in carcere che aveva tentato di accoppare il marito alla guida accoltellandolo con più di 40 fendenti, e che in passato mi scriveva lettere (in cui però non chiedeva assoluzioni ma vendita di materiale magico), un ex investigatore che voleva sparare alla donna che lo aveva lasciato (e che sono riuscita a fare desistere da tale malsano proposito), e un pedofilo strafottente, non ho ancora avuto clienti che a mio parere dovrebbero sentirsi in colpa per qualcosa. E di storie, lo assicuro, ne ho sentite tante... Conosco persone che arrivano da ceti sociali e da estrazioni culturali diversissime. Che si tratti di  signore benestanti,  spacciatori sud americani,  di web cam girls, di giovani studentesse, di ex pornostar, di integerrime madri di famiglia, di imprenditori di  successo, di casalinghe disperate, di gay a disagio con le loro pulsioni, di donne che vendono il loro corpo o di donne che trascorrono la loro giornata a pregare gli Angeli, il senso di colpa e la densa vergogna all'idea di avere peccato li abbraccia tutti.
La mia personale idea di peccato, in effetti, è un po' epicurea. Non credo che gli Angeli, i messaggeri divini, o chi per essi, siano lì a giudicare come morbosi voyeur cosa fa un povero essere umano della sua sessualità.
Credo però anche che recare danno ad un altro essere umano, in maniera seria e importante, crei un debito karmico (o almeno, mi piace pensarlo. Come sarebbe estremamente ingiusta la vita, senza una concezione di giustizia divina).
Ho una visione alla Bertolucci nel Nome della Rosa. Il riso non è peccato, il sesso non è peccato. Uccidere una persona cospargendo di veleno il libro di Aristotele   che essa legge, è peccato.
Siate indulgenti con voi stessi, abbastanza da permettervi di vivere con serenità, non abbastanza da nuocere a chi vi circonda.
Quattro pater noster, tre gloria, due atti di dolore, e andate in pace.

lunedì 15 gennaio 2018

IL VELO



Una mia cliente da quattordici anni, nonchè amica e confidente, ha attraversato il Velo della materia ed è andata oltre, all'alba della notte di Capodanno.
Combatteva come una guerriera, da anni, contro il male del secolo, un cancro strisciante che inquieto bersagliava e colpiva il suo corpo in luoghi sempre diversi.
Sinceramente ho difficoltà a scrivere di lei al passato. Preferisco usare il tempo presente, perchè nella mia mente lei non è andata via, è ancora quì, con me.
Pur avendo superato i sessant'anni da poco, è la donna più lucida, arguta, irriverente che io conosca.
Quando sono andata a trovarla all'hospice dove era ricoverata, si è messa a scherzare con me descrivendo il suo futuro funerale. Avrebbero intonato la parte finale di "Nessun dorma", ovvero "Vincerò". Niente pianti, niente occhiali scuri, niente vestiti neri. Quando ho obiettato che io mi vesto sempre di nero, abbiamo patteggiato che avrei dovuto indossare qualcosa di giallo.
Dopo la tristezza, è subentrata in me una forte, fortissima rabbia.
Perchè io so chi l'ha fatta ammalare, so come è nato tutto.
 Era separata da qualche anno, i suoi figli erano andati via da casa per seguire le strade del mondo, quando nella sua vita si è affacciato improvvisamente un uomo.
Maledettamente bello, attraente, slanciato, affascinante.
Maledettamente anaffettivo.
Da lì è iniziato il suo calvario. Quello è stato il momento in cui l'ho conosciuta anche io.
Ed ho iniziato a raccoglierla col cucchiaino ogni volta che quell'uomo gelido la maltrattava con la sua indifferenza, il suo ritrarsi, per poi confonderla con fugaci attimi di passione e presenza.
E' possibile odiare un uomo senza neppure averlo conosciuto? Non credevo fosse possibile, purtroppo lo è. Dovrei lasciare andare questo rancore, vedere le cose dall'alto, con distacco e spiritualità.
Ci sto lavorando sopra, prima o poi ci riuscirò.
Comunque, a furia di soffrire per amore, è comparso un tumore al seno, proprio vicino al cuore.
Come siamo fragili e vulnerabili noi donne.
Sembriamo forti, decise, indistruttibili, ma ci bastano un bacio o una carezza negate per spaccarci in piccoli pezzi di vetro simili a diamanti.
Ovviamente, appena la mia amica si è ammalata ha troncato ogni rapporto con lui. Dopo anni, in quell'ospedale, nelle sue ultime settimane, le chiedevo di avvisarlo. Volevo che la rivedesse, che si rendesse conto di quanto dolore, quanta sofferenza, quanta morte aveva recato quest'uomo col suo atteggiamento distaccato e sprezzante. Me l'ha impedito. E' sempre stata più lucida, consapevole, arguta di me.
Più di tutte le volte che abbiamo mangiato allegramente insieme, più di tutte le volte che si è seduta nel mio studio e abbiamo riso come matte per un'ora, perchè lei ha il dono dell'ironia e della teatralità, c'è un momento che voglio ricordare per sempre.
Quattro anni fa circa, ero sul treno per andare al mare e raggiungere mio figlio dai nonni.
La incontrai casualmente nel vagone, anche lei andava nella sua casa al mare.
C'era una luce splendida quel giorno. Il mare brillava d'oro, il sole si rifletteva sui nostri volti felici di esserci incontrate così casualmente. Era tutto luminoso, incontaminato, perfetto.
Voglio ricordarti così, amica mia, circondata dal calore e dalla luce di quel mare.

(Il Principe ignoto):
Nessun dorma! Nessun dorma!
Tu pure, oh Principessa
Nella tua fredda stanza
Guardi le stelle che tremano
D'amore e di speranza
Ma il mio mistero è chiuso in me
Il nome mio nessun saprà
No, no, sulla tua bocca lo dirò
Quando la luce splenderà
Ed il mio bacio scioglierà
Il silenzio che ti fa mia.
(Le Stelle):
Il nome suo nessun saprà...
E noi dovrem, ahimè, morir, morir!
(Il Principe Ignoto):
Dilegua, oh notte!
Tramontate, stelle!
All'alba vincerò!
Vincerò!
Vincerò!

giovedì 20 luglio 2017

L'AMANTE





C'era una volta una donna formosa, allegra, intelligente. Chiamiamola proprio Allegra, perchè la rappresenta.
In un sabato pomeriggio uggioso Allegra decise, per noia, di iscriversi in una chat.
Conobbe un uomo affascinante e intelligente. Dopo essersi scritti un paio di mesi, decisero di conoscersi dal vivo davanti ad un caffè e scattò il colpo di fulmine.
Lui la faceva sentire viva, completa, felice. Era perfetto. Tranne che per un piccolo particolare.
Era un uomo sposato con figli già grandi.
Non amava la moglie, era il classico matrimonio di interesse, dove la situazione economica, lavorativa e sociale fornivano il fulcro della loro relazione.
Non avevano rapporti sessuali da anni.
Allegra pensò che era solo questione di tempo e lui si sarebbe separato.
Così, con la miglior predisposizione d'animo, la speranza nel cuore e le farfalle nello stomaco, Allegra iniziò la relazione più intensa e passionale della sua vita.
Attenzione però, Allegra non era una donna stupida. Laureata in psicologia, conosceva bene le dinamiche, gli stereotipi, le maschere e e le verità dietro ad un rapporto di questo tipo.
Vedeva in quest'uomo ancora sposato un enorme potenziale, un uomo che stava combattendo per rimuovere le sue barriere, la paura del giudizio sociale e di una insicurezza economica.
Un uomo che la amava perdutamente, che appena aveva due minuti liberi correva da lei, anche solo per parlare con lei, per abbracciarla stretta, per condividere la poca vita disponibile insieme.
Col tempo, iniziarono anche a litigare selvaggiamente, lei e quest'uomo.
Che c'era, ma sempre un pò a metà, mai di domenica, nè a Natale, Capodanno e Pasqua.
Allegra cominciò a conoscere la sottile e strisciante mancanza dettata dall'assenza per le ferie estive.
Si cominciò a chiedere cosa poteva farsene di un uomo che, se lei avesse avuto un'improvvisa emergenza, un incidente, non avrebbe potuto aiutarla.
Il tempo passava, lento quando lui era distante, pieno e velocissimo quando erano insieme.
Il tempo passava e lui era sempre sposato.
Allegra iniziò a chiedersi se aveva fatto un errore di valutazione. Quell'uomo, che si incastrava tanto bene con lei, con cui si era sviluppata un'empatia e una complicità pazzesca, che diceva di amarla da morire, continuava però ad essere, legalmente e giuridicamente, ancora sposato con un'altra.
E anche lei, pensò Allegra, anche questa moglie, come fa a non accorgersi di niente?
Poi un giorno successe una cosa che cambiò tutto.
Allegra si accorse di avere un ritardo nel ciclo. Negli attimi di intensa e bruciante passione che condivideva insieme a quest'uomo, spesso entrambi non erano molto attenti alle precauzioni.
Era spaventata ma anche molto contenta. Questo, finalmente, avrebbe cambiato tutto.
La nascita di un figlio avrebbe finalmente scardinato quel matrimonio falso e privo di sentimento.
Sarebbe stato il perno, la spinta che finalmente avrebbe consentito a lui di trovare la forza, la motivazione, di contattare un avvocato divorzista e firmare la separazione dalla moglie.
Così Allegra andò da quest'uomo e gli disse, con il cuore a mille, le gambe che tremavano e la voce spezzata, che presto sarebbe diventato padre.
Lì successe una cosa curiosa. Quell'uomo si trasformò. Non era più lui, era un altro, che lei non conosceva, che non aveva mai visto. Con il volto improvvisamente di pietra e la voce di ghiaccio, le chiese di abortire.
Con chi aveva condiviso tre anni di vita? Era lui? Era sempre lui?
Allegra era legata alla vita ed alla gioia fin nella più piccola fibra del suo essere, non sarebbe mai riuscita a compiere questo gesto. Glielo disse, e lui le rispose che non avrebbe riconosciuto questo figlio e se ne sarebbe andato via da lei per sempre.
Come cadono velocemente le maschere davanti agli eventi importanti della vita.
Lo so, lo sappiamo tutti, era prevedibile che andasse così. Lo sapeva anche Allegra che le cose, spesso, vanno così.
Ma non con lui. Perchè lui non era questo.
Ora Allegra sta cercando di raccattare da terra i cocci del suo sorriso. Sta cercando di ricordarsi come si fa ad essere di nuovo felici, senza quest'uomo, che ora crede di non conoscere più, di non aver mai conosciuto davvero.
Riguardo al bambino, forse era solo un ritardo di molti giorni, e poi il ciclo è tornato;  forse lo ha perso durante quei momenti di angoscia, forse invece nascerà e avrà al suo fianco una mamma coraggiosa e determinata, che non ha bisogno di nessuno.
Qual'è la morale di oggi, quale l'insegnamento di questa lunga storia?
Forse che realmente a volte le persone non sono quelle che sembrano, e che quando batte forte il cuore è facile travisare, non vedere, non riconoscere.
Ci siamo passati tutti, ameno una volta, da lì.
Abbiamo raccolto i cocci da terra e siamo ripartiti. Più consapevoli, maturi, con passo di piombo ma il desiderio di tornare, presto, a sorridere.




martedì 21 marzo 2017

IL SANTONE




C’era una volta un finto santone. Per carità, non che secondo me ne esistano di veri, l’unica Luce capace di indirizzarci e farci evolvere arriva da dentro. Comunque, questo finto santone si chiamava Paolo Meraglia. Era un professore in pensione, e gli piacevano ragazze giovani, davvero giovani. Però dato che lui non era particolarmente piacente, né ricco, trovò un modo.
Andò in edicola a comprare un paio di mazzi di tarocchi a basso costo. Prese qualche libro di Magia per darsi un tono, e decise di fare il santone.
Quando apriva le carte gli bastava simulare una situazione piena di negatività, cancellabile con semplici rituali di magia sessuale, per convincere le clienti ad aprire le gambe. E ciò andò avanti per anni, in una anonima mansarda imprestata da un amico compiacente e partecipe.
La sonnecchiante Torino se ne accorse appena.

C’era una volta una ragazza, poco più di una bambina. La vestirono di bianco, dicendole che era stata prescelta come ancella, antica vestale di segreti iniziatici, catalizzatrice di misteriosi rituali sessuali che le avrebbero permesso di rimuovere definitivamente ogni negatività. Il suo ragazzo insisteva che non si tirasse indietro. Tutto ciò le sembrava strano, bizzarro. Col tempo divenne profondamente sbagliato, anche se oltre a lei c’erano molte altre ragazze che continuavano ad andare in quello strano tempio così simile ad una comune mansarda. La vestale lasciò il suo ragazzo malsano e ne trovò uno nuovo. Che rabbrividì quando lei si confidò e la portò al più vicino commissariato di polizia.
La sonnecchiante Torino spalancò gli occhi, turbata da un vivido incubo.

C’era una volta una libreria esoterica nel cuore di Torino, aperta da quindici anni. Il titolare e sua moglie ascoltavano la radio mentre facevano colazione. Sentirono di quella storia disgustosa dove un finto santone e qualche complice inscenavano rituali sessuali e svolgevano stupri di gruppo. Dopo aver scosso la testa aprirono il negozio e vennero letteralmente invasi dai giornalisti. Intervistatori e cameraman totalmente ignoranti in materia chiedevano di vedere, maneggiare, riprendere le cose che potevano fare più scena. Gettonatissime le voodoo - doll e la statuetta del Baphomet. La prima a pubblicare l’intervista fu la Stampa. Che, distorcendo completamente il senso dell’intervista, citò il negozio come “un luogo dove fanatici di esoterismo, magia nera e chissà che altro vanno a respirare l’aria magica”. Dove “Torino città magica è una menzogna divertente”.
Fortunatamente la Stampa rimase l’unica a sfottere gli esoteristi. E ci fece pure una becera figura. Tutti i colleghi di Studio Aperto, Tg5, Tg24, Rai 3 al contrario compresero quanto poco questo centrasse con l’esoterismo, e in onda apparve il titolare di Esotericamente a sottolineare quanto “chi pratica l’Esoterismo come ricerca personale, come crescita, è chiaro che rimanga offeso da questo”.
La sonnecchiante Torino si risistemò i guanciali per ritornare al suo tiepido torpore primaverile.
Con una vestale un po’ meno ingenua, un finto santone dietro le sbarre, ed una libreria esoterica che aveva salvato l’immagine.
Ho sempre amato il lieto fine.

Però. C’è sempre un però.
Perché quando un truffatore si finge mago, medium, esoterista, i mass media inondano le librerie esoteriche e spalano letame sui fruitori di questa spiritualità?
Quando emerge un finto medico si va forse a setacciare l’università di medicina o gli ospedali? Si denigra forse la categoria medica?
Perché fa cosi audience fare di ogni erba un fascio, quando si tratta di esoterismo?
È così divertente prendere in giro persone che, pur affondando radici nel terreno, stanno cercando di guardare il cielo e comprendere cosa si nasconde dietro il moto delle stelle, dietro il fitto velo di Maya, rischiarando il buio della grettezza con la luce di una candela?
Quanto mi piacerebbe ricevere il rispetto anche dalle persone che non credono in questo mondo.
Svegliati, assonnata Torino, e regalami questo sogno.

Baphomet templare

lunedì 27 febbraio 2017

L'ANIMA GEMELLA

   



Ultimamente non scrivo spesso. Tante cose a cui pensare, il tempo scorre veloce.
Però una mia cliente e amica scalpitava che scrivessi qualcosa sull'Anima Gemella, l'altra metà perduta di noi, la metà mancante della mela, l'Altro da noi capace di creare l'Androgino perfetto.
Mi chiedeva più che altro, come riconoscerla? 
In mezzo a diecimila conoscenti, amici, amanti, come capire che  è proprio lui l'Anima Gemella? Quando batte forte il cuore soprattutto, illudersi è facile.
Così, ho fatto un piccolo sondaggio, perchè ero troppo curiosa di comprendere come ragiona l'Altra Metà del Cielo. Ho chiesto a qualche amico e cliente del genere XY come fosse possibile riconoscere quest'Anima Gemella.
Le prime reazioni sono state divertenti, tutte un turbinare di occhi al cielo, uno schiarirsi la voce, temporeggiare, con la faccia di chi pensa: "Madonna, Stella, e non potevi farmi una domanda più facile? Chiedimi come funziona un reattore ad energia nucleare piuttosto, lì sono bravo!".
Comunque, facendo una media, sembra che i maschietti per riconoscere l'Anima Gemella necessitino di:

- Attrazione fisica. Ovvero (ed era abbastanza prevedibile) se hai una migliore amica con cui ti trovi in tutto, interessi, risate, simpatia, ma non la toccheresti neanche con un grissino perchè fisicamente non ti prende, ecco, per gli uomini questa MAI potrà essere la tua Anima Gemella. Non so, da parte di noi donne noto una maggiore flessibilità, spesso col mio lavoro ho sentito storie del tipo: "Mah, all'inizio manco mi attirava fisicamente, poi me ne sono perdutamente innamorata..."

- Situazione spazio - temporale adatta. Questa è una cosa tirata in ballo soprattutto da un soggetto maschile intrippato con le dinamiche spazio-temporali, Donnie Darko, etc. Che mi chiedeva: "e se io avessi incontrato tempo fa l'Anima Gemella ma le condizioni del quì ed ora non fossero state ottimali al nostro riconoscerci e/o ricongiungerci?". Così ho analizzato mentalmente tutti i miei ex compagni di scuola, ex amici, ex fidanzati, e ho scosso decisamente la testa. Non so, a me il passato puzza sempre di minestra riscaldata. Inoltre ho la convinzione che, se avessi incontrato la mia Anima Gemella allora, anche se avesse fatto il macellaio nel mio periodo vegetariano, o il cattolico Inquisitore nel mio periodo spirituale (che in effetti non si è mai concluso), non sarebbe stato un problema. In questo noi donne siamo forse più fataliste e meno razionali.

- Reciprocità. Ovvero, se io percepisco in te la mia Anima Gemella, tu non dovresti schifarmi / scappare con la mia vicina di casa / applicare la spunta blu sui miei messaggi WhatsApp senza rispondermi per una settimana di fila. 
Come disse quel simpatico avvinazzato di Bukowski: "La testa si deve perdere in due, altrimenti è un'esecuzione".

Questo all'incirca ciò che ho potuto cogliere dall'Altra Metà del Cielo. Ora però vi scrivo da cosa ho potuto comprendere io se avevo di fronte a me l'Anima Gemella.
Aldilà di un'affinità caratteriale, di interessi in comune, di una simile visione del mondo e di una progettualità di coppia condivisa, credo che la prova del nove sull'aver trovato la Metà perduta sia data da una semplice sensazione.
La Mancanza.
Quel vuoto viscerale, profondo, inesprimibile quasi a parole, di quando l'altra persona è distante da te.
Nel Buddhismo Shingon esiste una bellissima teoria sull'Anima Gemella, che descrive come la coppia karmicamente unita si scambi quasi una parte del corpo, un filamento di Dna, un insieme di cellule. Forse è una parte di sè più sottile, ma attraverso la distanza, il vuoto dell'Altro, la sua assenza, questa parte sottile di noi che appartiene all'Altro ci chiama segretamente, e a noi si ricongiunge solo attraverso l'abbraccio, quando ogni distanza è colmata e cuori e respiri si muovono all'unisono, col medesimo ritmo.
E in quell'abbraccio noi ci sentiamo, finalmente, a Casa. 
Non più due, non più due mancanti e fragili individualità, ma Uno. L'Unità più forte, potente e sacra che l'Universo intero possa conoscere.



venerdì 25 novembre 2016

NEANCHE CON UN FIORE



Oggi è la giornata mondiale di protesta contro la violenza sulle donne.
Quando arrivano ricorrenze di questa portata la mia mente si affastella di immagini, ricordi, fatti di cronaca, ma soprattutto di confidenze. Quelle che ricevo, spesso, dalle mie clienti.
La violenza è simile ad una pece vischiosa, quando ti tocca, in qualche modo ti marchia. Per sempre. E in seguito potrai avere la vita più bella del mondo, con accanto (nuove) persone che ti amano e ti proteggono, ma se la violenza ha in qualche modo sfiorato, incrociato, o quasi ribaltato, la tua vita, tu non sarai più quella di prima. Il tuo sorriso sarà meno brillante, ma sicuramente più consapevole. Avrai paura di cose che prima non avresti mai detto. Sarai molto più veloce a leggere nel volto degli altri i primi segnali di nervosismo e rabbia. Non riuscirai a guardare alcune scene di film, a leggere alcuni fatti di cronaca, a ridere di certe battute.
Sarai più fragile, ma nello stesso tempo sarai più forte. Ti sentirai una sopravvissuta, una donna che ce l'ha fatta.
Ecco, questo succede quando sei finalmente dall'altra parte. Quando hai allontanato la, o le, persone che ti nuocevano. La vita avrà un nuovo sapore, sarà preziosa. Sentirai di avere nuovamente mille possibilità davanti, mille desideri da realizzare, mille cose affascinanti da fare. Vorrai una vita intensa.
Ma per arrivare a questo, devi saltarlo, quel ponte. Devi smetterla di stare raggomitolata in un angolo a piangere. Devi smetterla di avere paura. Perchè lo so di cosa hai paura. E non è solo paura della prossima minaccia, del prossimo ceffone, del prossimo ricatto. Hai soprattutto paura della solitudine.
Credi di non meritare di meglio. Credi che sarai giudicata e non capita. Credi che non sarai protetta, neanche da chi ha la divisa che gli impone di farlo. Credi che se esponi al mondo quella vischiosa pece nera che ti ha marchiato, il mondo non ti capirà, nè ti proteggerà, ma saprà solo deriderti o ignorarti.
Quanto ti sbagli. Salvati, non scendere a compromessi, non credere che era l'ultima volta ed ora è tutto cambiato. Non dare altre possibilità alla violenza di danneggiarti.
Alzati, fai le valigie, chiama qualcuno che ti aiuti e scappa dalla tua vecchia vita senza mai voltarti indietro.